Scandaloso! SIAE, l'equo compenso aumenta del 500%

Periodicamente se ne torna a parlare: la cosiddetta "tassa SIAE" - "equo compenso" - che grava su tutti i dispositivi atti a registrare musica e video è un argomento sempre abbastanza caldo.

Introdotta tra il 2009 e il 2010, la tassa che non è una tassa (la SIAE tiene a sottolineare che la definizione di "tassa" in questo caso non si può applicare) provoca un aumento dei prezzi finali di CD, DVD, hard disk ma anche lettori musicali e smartphone.

Il motivo che ha portato alla sua introduzione è la pirateria: non potendola fermare, la SIAE ha pensato bene di richiedere una norma che facesse pagare a tutti un po' di più i supporti, così da poter "compensare" gli autori del danno subito dalla duplicazione illegale delle opere.

Sebbene da tempo la SIAE non possa dire di rappresentare gli interessi di tutti gli artisti, ora che sono passati alcuni anni sarebbe giunto il momento di adeguare l'equo compenso (aggiornando il Decreto del 30 dicembre 2009 che lo introdusse), ovviamente al rialzo; anche perché - pare - è la società stessa ad avere bisogno di molti più soldi per il proprio mantenimento se davvero come sembra le spese previste per il 2014 ammontano a 175 milioni di euro (contro i 100 milioni dell'anno scorso).
L'idea sarebbe quindi di quintuplicare la tassa sugli smartphone (che passerebbe quindi da 0.90 a 5,20 euro), aumentarla sui decoder (da 29 a 32 euro) e di introdurla sui tablet (passando quindi da 0 a 5,20 euro). Aumenti vari sono previsti anche per hard disk e chiavette, in ragione della capienza. Su tutto, poi, naturalmente grava l'IVA al 22%, tassa che non disdegna mai di imporsi su altre tasse.

L'annuncio ha scatenato un putiferio in Rete, dove l'equo compenso veniva percepito come ingiusto già da tempo, e un intervento tramite intervista al Corriere della Sera da parte di Gino Paoli, che della SIAE è presidente.

Questi ha difeso la bontà dell'equo compenso, sostenendo che si tratta di un modo per finanziare l'industria della cultura e che l'aumento deve gravare sulle multinazionali che producono i dispositivi, non sui consumatori che pagano il prodotto finito.

«Di sicuro non si tratta di una tassa sugli smartphone. Qui si parla di compenso dell'autore", scrive Paoli al Corriere. Si tratta di un compenso in cambio della possibilità di effettuare una copia personale di registrazioni, tutelate dal diritto d’autore. Questo, però, non deve essere a carico di chi acquista lo smartphone ma del produttore, che riceve un beneficio dal poter contenere sul proprio supporto un prodotto autoriale come una canzone o un film» ha dichiarato Gino Paoli al Corriere.

Intanto però ha avuto modo di dire la propria anche il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, il quale ha smentito l'intenzione di introdurre la tassa sugli smartphone e di aumentare le tariffe.

Il Decreto del 2009 deve essere aggiornato - precisa il Ministero - poiché riguarda una direttiva europea che prevede un rinnovo triennale (dunque siamo già fuori tempo massimo per la prima revisione) ma «il ministro Massimo Bray sta lavorando a una soluzione condivisa, nel rispetto e nella difesa del valore del diritto d’autore, ascoltando tutte le categorie interessate per raggiungere una decisione equilibrata nell’interesse degli autori, dei produttori di smartphone e tablet e, soprattutto, dei cittadini».

Quanto a Paoli, al Corriere ha dichiarato: «Il problema è mal posto. Noi stiamo rivedendo la tariffa. Il resto sono solo ipotesi. Potrebbero vendere di più, come di meno. Ma il punto è il diritto d’autore».

Niente insomma sarebbe stato ancora deciso ma tutto parrebbe ancora essere oggetto di discussione: considerato com'è andata nel passato, tuttavia, un lieve pessimismo non è poi fuori luogo.

Fonte:
http://www.zeusnews.it/n.php?c=20491